Brand e capitale umano: la via per avere successo
La forza del brand e del capitale umano
Sono 97 le aziende italiane rimpatriate dal 2007 ad oggi, e il numero è destinato a crescere. Questo fenomeno si chiama reshoring. E’ nato in USA - celebre ormai il caso della Apple che è tornata a produrre in patria il Mac - e l’Italia è il secondo Paese al mondo per incidenza.
Perché? Semplice, perché produrre in Italia rende di più che all’estero. Gli stipendi in Europa dell’est ormai non sono più così bassi e trasportare prodotti nelle boutique di Firenze dalla Cina costa più che da Prato. Ma soprattutto è l’effetto Made in Italy e l’eccellenza dei nostri lavoratori a fare la differenza. Sì, oggi le aziende sono più competitive sui mercati se vendono prodotti davvero italiani e se a produrli sono ingegneri, informatici, operai italiani. Perché la qualità è più alta e i consumatori sono disposti a spendere per averla.
Success is not final, failure is not fatal: it is the courage to continue that counts
W. Churchill
Alzare il livello del capitale umano e raccontare il brand, insomma, sono le vere leve per vincere la concorrenza globale, non abbassare i costi di produzione. E se questo vale per la meccanica, la pelletteria e il tessile, figurarsi per le aziende che fanno innovazione. Il tempo delle catene di montaggio, del capitale e del fordismo, è finito: oggi è il tempo della creatività, del talento, delle competenze delle persone e della propensione all’innovazione.
Il nuovo Made in Italy
Una trasformazione che investe anche il Made in Italy più tradizionale. Non importa arrivare alla sharing economy, ai makers o ai fablab per dimostrare l'importanza dell'innovazione per la nostra manifattura: basta pensare agli artigiani che sempre di più utilizzano la stampa 3D per produrre le proprie opere d'arte, ai calzaturifici marchigiani che grazie all’e-commerce vendono a clienti cinesi, a tutti i piccoli e medi imprenditori che ormai sanno integrare le tradizioni secolari del territorio e di famiglia con competenze tecnologiche, economiche, di marketing e di internazionalizzazione.
E quando l’innovazione manca, la differenza si sente: l’83% delle aziende che sono fallite quest’anno, infatti, non aveva sito internet. Un ritardo digitale, il nostro, che ci costa 3,6 miliardi l’anno. E che ci fa perdere essenziali opportunità di sviluppo.
Per riconciliare Facebook con le fabbriche, Twitter con le botteghe artigiane, serve allora la consapevolezza nella classe politica e dirigente di quanto sia essenziale dotare di strumenti digitali l'Italia, ma per saperli usare in modo efficace servono, soprattutto, le persone giuste.
Il collaboratore giusto è quello che innova
Il talento, nell’accezione di potenziale degli individui, è un driver strategico, fattore macroeconomico di crescita. Ma come trovare il collaboratore giusto? O come trasformare i propri dipendenti nei futuri Andrea Guerra per Luxottica?
Partendo dall’idea che la ricchezza professionale della persona non è descritta dai soli titoli.
Per questo segnalare all’agenzia interinale, sulla sezione recruitment del sito aziendale o all’ufficio di collocamento, che si sta cercando un consulente finanziario può non bastare. Può non essere “quel” consulente che conosce il private equity, che ha lavorato precedentemente in una azienda di dimensioni comparabili, che ha capacità di proporre e attuare riorganizzazioni operative e che sa utilizzare linguaggi di programmazione. Così come fare seguire ai propri dipendenti un corso base di informatica non garantisce di allevare dei piccoli Larry Page. E soprattutto è una spesa, in termini assoluti ma anche come costi transattivi perché ricerca e formazione, se poco specifici, sono anche poco efficienti nell’individuare le necessità e colmare il need professionale.
Bestr vuole rispondere a questa mancanza, con un portale capace di certificare le competenze trasversali e professionali in modo sicuro e affidabile e incrociarle con quello che le aziende cercano:
la persona giusta, prima ancora che il profilo giusto.
Conclusione
Non ci sono automatismi, solo risultati.
A fronte di quelli più recenti - 7 anni di crisi, il 25 % della produzione industriale in meno, la perdita di 1milione e 160 mila posti di lavoro e la scomparsa di 120 mila fabbriche - ci sono altri numeri che fanno del nostro Paese una grande potenza industriale.
Siamo leader in innovazione in 100 settori, il nostro export cresce costantemente e, grazie all'inventiva e al coraggio di tanti, siamo ancora oggi l’ottavo Paese del mondo per produzione industriale anche se solo il ventitreesimo per popolazione. Straordinario, no? Immagina cosa potremo diventare se sapessimo trovare e valorizzare le persone giuste...