Cambiare, e farlo insieme

Le comunità del cambiamento sono la speranza per una Italia che crede nel merito, nelle competenze, nella crescita personale e collettiva. Le comunità del cambiamento sono locali e generazionali. Sono una serra speciale e un Festival dell’innovazione. Sono Bologna, dove un progetto per ragazzi - il “Giardino delle imprese” - e un incontro fra “pionieri” - il festival di Rena - hanno mostrato una città viva e pronta a inventarsi un domani migliore.
15 Giugno 2015

Il cambiamento, quando meno te lo aspetti

In una società nella quale le ideologie non riescono più a dare strumenti di interpretazione del mondo, dove i corpi intermedi - sindacati e partiti - faticano a raccogliere le istanze dei cittadini e le urne registrano l’astensione come unico vincitore, nel quale la mobilità sociale sembra bloccata, il cambiamento è ancora possibile?

Sì, solo che le strade che prende sono innovative e sorprendenti.

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A Bologna, queste nuove strade, sono delle serre speciali, dove si coltivano non solo fiori ma talenti, e due giorni di confronto fra giovani che si definiscono “pionieri”.

Parliamo di due progetti che hanno in comune non solo la città e un tratto intergenerazionale, ma anche una idea precisa: quella della comunità di cambiamento. Una comunità basata sulla formazione delle competenze la prima - il Giardino delle imprese della Fondazione Golinelli - e sulla messa a disposizione delle competenze già formate per contaminare la società, le istituzioni e il dibattito pubblico la seconda - il Festival di Rena.

Il Giardino delle imprese

Da fine giugno, alle Serre dei Giardini Margherita di Bologna, 60 studenti saranno impegnati tutta l’estate a sviluppare soluzioni innovative per il Made in Italy: nuove idee imprenditoriali per supportare l’internazionalizzazione nei mercati globali delle piccole e medie imprese alimentari, per migliorare la filiera produttiva della frutta in Emilia-Romagna, per riprogettare il marketing, la distribuzione e la vendita del bello e buono italiano. Per dare vita - alla fine del percorso - a delle vere e proprie imprese, che troveranno un percorso di accelerazione e finanziamenti per trasformarsi nelle prossime start up del Made In Italy innovativo.

E’ questo l’obiettivo del progetto “Giardino delle imprese” ideato e creato dalla Fondazione Golinelli in collaborazione con il Comune di Bologna, Unindustria Bologna e H-Farm, e con la collaborazione scientifica di diversi partner, fra cui CINECA, che si occuperà di certificare le competenze sviluppate dai ragazzi perché possano essere condividise sui social network e inserite nel futuro e-portfolio, come già accade nelle principali università straniere.

Alla domanda sul perché avessero scelto gli Open Badges per accompagnare questa edizione del Giardino delle imprese, Antonio Danieli, direttore generale della Fondazione Golinelli e presidente del Board dei Trustee del Trust EUREKA, ha risposto infatti che:

“Il progetto pilota si configura per la Fondazione Golinelli come un’ottima opportunità di misurarsi con una nuova esperienza d’innovazione nel campo del riconoscimento formativo. Gli Open Badges serviranno infatti per accreditare le competenze acquisite durante il "Giardino delle imprese" in un’ottica di confronto su scala internazionale, riconoscendo il merito dell’impegno e i risultati raggiunti dai partecipanti all’iniziativa. Il motivo per cui abbiamo scelto il Giardino delle Imprese trova fondamento nel nostro obiettivo di dare ai ragazzi delle reali competenze che possano essere spendibili in ogni ambito della loro vita, ancor prima che nella sola esecuzione imprenditoriale. In questo senso, le conoscenze, sommate alle competenze specifiche in diversi ambiti del sapere imprenditoriale, verranno certificate da CINECA”.

Una scelta che ha un doppio valore per i più giovani perché - continua Danieli:

“Gli Open Badges da una parte offrono un valore aggiunto a livello pedagogico, fornendo uno spunto d’interesse in un’ottica di premio rispetto agli obiettivi raggiunti. La funzione educativa non si completa solo nel ricevere il riconoscimento, ma viene inserita in un intero processo di acquisizione delle capacità, che quindi supera il puro concetto di “esame” per diventare un vero e proprio “percorso di apprendimento informale”.  In aggiunta, riteniamo che gli studenti possano utilizzare questa piattaforma per il loro futuro in modo da vedere riconosciuti i loro sforzi e successi in campo educativo, fin da giovanissimi”.

Il festival di Rena

Parole che sembrano colmare quel “pezzo mancante” che ha citato il Presidente di Rena - Francesco Russo - nella sua relazione introduttiva al Festival delle comunità del cambiamento che si è svolto proprio nel centro di Bologna il 13 e il 14 giugno.

Il pezzo mancante del Presidente di Rena - l’Associazione che ha per mission quella di mettere “intelligenza collettiva al servizio dell'Italia” - è proprio la comunità, quella che permette di superare la dimensione di “individui”, di “generare impatto e non fare mera testimonianza”, di avere un “approccio risolutore e non burocratico alle cose”.

Nei due giorni del Festival - che si poneva l’obiettivo di “ispirare, connettere, formare” - il tema delle competenze è stato trasversale a ogni dibattito dedicato a modelli innovativi di collaborazione, comunicazione e organizzazione; allo sviluppo e integrazione delle comunità, rigenerazione di spazi e territori; a nuove pratiche per l’occupabilità, educazione al futuro, la sostenibilità economica e lo sviluppo.

In particolare, però, se ne è parlato nel panel “Valutazione, formazione, merito, trasparenza: policy di sistema nell’educazione”, introdotto dal pitch di Francesco Luccisano - Capo della Segreteria Tecnica MIUR - che ha ricordato come la prima spinta del cambiamento sia la capacità di crescere, di fare “scale up”, perché una invenzione di nicchia possa diventare fenomeno partecipato. Al panel è intervenuto anche Sandro Cacciamani - la “mente tecnologica”e project manager di Bestr - che ha illustrato il progetto di Cineca sul riconoscimento e la valorizzazione delle competenze informali e non-formali (qui le slides).

Perché se secondo l’OCSE una delle principali cause della difficoltà di accesso dei giovani al mondo del lavoro è dato dall’abbandono del sistema scolastico e formativo senza aver acquisito competenze adeguate, in che modo si possono preparare gli individui ad affrontare il mondo di domani, con i suoi elementi di incertezza e imprevedibilità? E quali sono le competenze che servono per favorire lo sviluppo personale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione? Come è emerso dal dibattito, fra le 8 competenze chiave essenziali per ogni individuo affinchè possa realizzarsi che ha individuato la Commissione Europea, vi sono proprio quelle digitali e imprenditoriali. Competenze che devono entrare in forma stabile nelle politiche educative nazionali, per essere appunto diffuse e accessibili a tutti.

E per poter trasformare la società italiana da una società della conoscenza - astratta e spesso improduttiva - in una società della competenza - fattiva e portatrice di cambiamento.

Un percorso intergenerazionale

Ecco allora il filo che congiunge il lavoro dei 60 ragazzi del Giardino delle imprese - che imparano in una serra come si crea e si innova una impresa - e il lavoro della generazione appena precedente, quella di Rena - che ogni giorno cerca di cambiare il Paese perché le capacità apprese dai più giovani possano davvero trovare riconoscimento, apprezzamento e spazio di applicazione.

Il filo narrativo, il “pezzo mancante” che ciascuno sta provando a costruire, è proprio quello del fare comunità, usando come collante le competenze invece che le ideologie, l’impegno invece che la delega, la mobilità invece che la rassegnazione.

Bologna è, da domenica e per tutta l’estate, diventata il simbolo di questo cambiamento.