Digitalizzazione del titolo di studio: come la blockchain ridefinirà il concetto di laurea
Articolo comparso originariamente su Agenda Digitale il 27 Agosto 2019.
L'Università di Padova e l’Università di Milano Bicocca, pionieri nella sperimentazione della digitalizzazione del titolo di studio con il sistema Blockcerts grazie alla collaborazione con Cineca, sono state invitate a partecipare al gruppo di lavoro guidato dal MIT – Massachusetts Institute of Technology per la progettazione di un sistema in grado di garantire portabilità e verificabilità dei titoli di studio rilasciati dagli Atenei, senza che sia necessario interpellare l’Università che ha emesso il titolo – ma mantenendo la più alta garanzia di sicurezza. L’incontro del gruppo di lavoro internazionale è stato l’occasione per focalizzare e definire riflessioni sull’impatto sia globale sia nazionale di quel che si può immaginare come il futuro del titolo di studi, nell’ambito della diffusione dei documenti digitali.
Il gruppo di lavoro del MIT di Boston sulla digitalizzazione del titolo di studi ed il panorama europeo
Il gruppo – annunciato ad Aprile 2019 e inizialmente formato da 9 Atenei distribuiti in USA, Canada, Messico, Germania e Olanda – si è aperto alla partecipazione dei due Atenei italiani che hanno adottato lo standard Blockcerts, creato proprio dal MIT e che ad oggi rappresenta l’unico sistema già disponibile e funzionante per realizzare quella verificabilità disintermediata che il gruppo auspica.
Anche in Europa il tema delle credenziali digitali è centrale: la European Digital Credentials Initiative si propone di offrire un framework complessivo in cui le credenziali digitali di ogni ordine e grado possano essere raccordate e valorizzate nei nuovi strumenti Europass, mentre nello stesso tempo vengono portati avanti un Osservatorio Blockchain e tavoli di studio sulle applicazioni specifiche di blockchain in ambito Education. Si tratta insomma di temi al centro di un grande fermento, in cui gli Atenei di Padova e Bicocca si collocano all’avanguardia: sono infatti i primi in Italia ad aver deciso di notarizzare i titoli di studio dei propri studenti su blockchain pubblica secondo lo standard Blockcerts tramite la piattaforma Bestr di Cineca.
Il gruppo di lavoro guidato dal MIT, infatti, è composto da Atenei che guardano in avanti, a quella che sarà la natura della formazione universitaria tra pochissimi anni.
La rivoluzione digitale e l’industry 4.0 hanno totalmente cambiato i bisogni formativi, e di conseguenza cambiano – o cambieranno presto – i percorsi di apprendimento. Visti i rapidissimi progressi della scienza e della tecnologia, un breve periodo (dai 3 ai 5 anni) di studio non è più sufficiente a creare le competenze che saranno necessarie ad un professionista nell’intera vita: ci sarà bisogno di aggiornamento continuo, e ogni “tassello” di questo percorso andrà certificato e aggiunto agli altri tasselli. Inoltre, un learner che voglia ottimizzare il suo percorso di apprendimento dovrà essere libero di acquisire alcune competenze presso un’università eccellente in X, altre presso un’altra università eccellente in Y, altre ancora su una piattaforma MOOC di qualità, altre ancora con un’esperienza pratica in un’azienda, ecc… è il concetto di percorsi di formazione “stackable”, composti da tanti moduli certificati da diverse realtà, tutti accumulabili tra loro: non erogati da un’istituzione ma da un network globale di istituzioni e piattaforme formative.
Digitalizzare e decentralizzare
Se vogliamo proprio portare il ragionamento alle sue estreme conclusioni, è il concetto medievale di “laurea” che sta per essere superato.
Il percorso di apprendimento per accumulazione non sarà più certificato da un unico titolo finale, abbastanza rigido e poco espandibile, ma da tante microcertificazioni, tra loro accumulabili. Bicocca e Padova sono tra gli atenei più innovativi in Italia, e provano a tenersi al passo con il resto del mondo.
In un mondo che è sempre più piccolo e in cui la mobilità di studenti e lavoratori è sempre più all’ordine del giorno, verificare la veridicità e validità di un titolo di studi diventa una tappa obbligata per molti processi di recruitment. Per le università rispondere a queste richieste è costoso, ma è anche un collo di bottiglia che si ripercuote sullo studente e può anche tradursi in una mancata occasione di comunicazione. Decentrare la verifica della validità di un titolo, e cancellare ogni suo onere (sia in termini di tempo e lavoro, sia in termini monetari), infatti, sembra un piccolo passo per chi non è pratico di governance universitaria, ma è già da solo un passo da gigante per quanto riguarda la mobilità degli studenti e dei laureati tra università e nel mondo del lavoro.
Le certificazioni blockcerts inoltre potrebbero favorire sviluppi ancora più entusiasmanti, come la decentralizzazione del caricamento di crediti formativi e microcredentials nel track of records di uno studente, per rimuovere ogni collo di bottiglia burocratico-amministrativo alla sua mobilità internazionale. Non è cosa risaputa per i non addetti ai lavori, ma al momento l’intercomunicazione tra i reciproci uffici centrali necessaria al mutuo riconoscimento dei crediti formativi tra università è il principale ostacolo alla libera circolazione internazionale degli studenti.
La verificabilità del titolo sempre e in ogni luogo, e soprattutto a prescindere dalla raggiungibilità dell’ente che lo ha emesso, diventa cruciale negli scenari di mobilità forzata legati a instabilità politica e migrazioni. Per questo motivo, in particolare, si sta cercando di formulare una soluzione che sia applicabile a livello mondiale e faciliti davvero l’interscambio dei talenti. Infatti, se la verificabilità del titolo a prescindere dalla raggiungibilità dell’ente è importante in ogni caso, diventa un vero e proprio strumento di tutela dei diritti umani nei contesti menzionati. Sia Bicocca sia Padova hanno già avuto numerosi casi di studenti migranti o profughi che dichiaravano titoli di studio erogati da scuole superiori o università ormai non più esistenti, o irraggiungibili. In alcuni di quei casi né ambasciate né enti specializzati come CIMEA sono in grado di aiutare.
Ancora peggio quando non si tratta nemmeno di titoli conclusi, ma di track of records: per esempio gli studenti profughi Yazidi ospitati da Bicocca da alcuni anni arrivarono dichiarando crediti formativi ed esami superati presso università del loro paese di origine, ma fu assolutamente impossibile verificarne l’autenticità. Quando queste persone potranno conservare i loro certificati “autoverificabili” sul cloud, tutti questi problemi saranno definitivamente risolti.
I vantaggi
I vantaggi dell’adozione di tecnologie trasversali e internazionali a breve e medio periodo per studenti e Atenei sono molteplici. Nel breve periodo, gli studenti non dovranno più far code e pagare bolli e balzelli per ottenere duplicati dei certificati di laurea; se vorranno proseguire i loro studi in altre università, italiane o straniere che siano, potranno spedire la loro laurea per mail, e quelle università potranno verificarne la validità in un attimo; poi, pian piano che la consapevolezza di queste nuove digital credentials si diffonderà anche presso il mondo del lavoro, gli stessi vantaggi si rifletteranno anche nelle prime fasi dello screening per qualsiasi occupazione.
Non sarà più necessario inviare CV basati su autodichiarazioni: si potrà direttamente dare al potenziale datore di lavoro accesso al proprio wallet di certificazioni accademiche. La digitalizzazione delle lauree non si limiterà a renderle verificabili: diversi sono i punti di miglioramento su cui si sta lavorando sia in Italia sia a livello internazionale per portare il titolo di studi nel futuro.
Per esempio per rendere i percorsi di apprendimento molto più flessibili, basati su network di istituzioni e non su singole università, e centrati sull’accumulo di microcredentials attraverso prove di certificazione accreditate svincolate dalle modalità di preparazione.
Facciamo l’esempio di uno studente che debba imparare la meccanica quantistica, per un valore di 12 crediti formativi nel suo percorso di laurea. Allo studente e alla società importa qualcosa se la meccanica quantistica la impara seguendo un corso tradizionale di Padova, o un corso tradizionale di Bicocca, o un MOOC prodotto dal MIT, o grazie alle spiegazioni di un amico fisico, o studiandosela da autodidatta su ottimi libri? No: gli importa solo che l’abbia imparata bene, e dimostri di saperla. Quindi: se accreditiamo dei syllabus dettagliati (la “lista” di tutte le cose che uno studente deve sapere e saper fare per dimostrare di conoscere la meccanica quantistica), e accreditiamo dei panel di esperti e/o dei set di domande e/o modalità per condurre esami atti a valutare queste competenze, allora un qualsiasi learner che ritenga di aver imparato la meccanica quantistica (in qualsiasi modo) potrà iscriversi ad una prova certificante accreditata, in qualsiasi istituzione autorizzata ad erogarla, e cercare di superarla. Se la supera, i crediti formativi associati alla prova entreranno nel suo track of records: in modo totalmente svincolato dalle modalità con cui lo studente ha conseguito quegli apprendimenti.
Le conseguenze per recruiter e istituzioni
Le modalità con cui questo tipo di innovazione verrà accolto dai recruiter e dalle istituzioni non sono facilmente individuabili. Si aprono scenari che possono cambiare radicalmente il modo di gestire la selezione del personale. Ad esempio la disponibilità di uno strumento digitale e immediato potrebbe rendere la verifica del titolo attività quotidiana per chi seleziona il personale, così da minimizzare i casi di frode.
Su questo scenario si gioca il futuro di questa innovazione: se resterà patrimonio di poche università che la erogano, mentre tante altre – più gran parte del mondo del lavoro – neanche la conoscono, morirà presto. Se invece le altre università cominceranno in massa sia ad erogarle, sia a riconoscerle, accettarle, e richiederle, allora in pochi anni vedremo scomparire le certificazioni cartacee e aumentare esponenzialmente il traffico di certificazioni universitarie digitali.
“Dal punto di vista tecnologico un formato o un altro non fa troppa differenza, a patto che siano solidi e rispondenti ai requisiti – evidenzia il Direttore Generale di Cineca, David Vannozzi –. Nel progettare le soluzioni tecniche, Cineca ha scelto appositamente di non vincolarsi troppo strettamente a specifiche tecnologie, ma di supportare il concetto di credenziale digitale – che può poi essere espressa nel formato di volta in volta più rispondente alle necessità dell’istituzione: Blockcerts, Open Badge, o altro che verrà. L’importante è che la sicurezza autenticità e verificabilità del titolo vengano garantite, che l’Ateneo viva un alleggerimento delle proprie attività burocratiche e che possa attivare i nuovi approcci che la digitalizzazione rende possibili – come quello delle stackable credentials – nel modo che gli è più congeniale. Perciò l’obiettivo non è solo supportare gli Atenei nel loro percorso di innovazione, ma farlo a partire dall’integrazione con i sistemi già in opera presso gli Atenei e che da molti anni sono i custodi digitali delle informazioni riguardanti la didattica, gli studenti ed i titoli di studio”.