Eppur si muove: l'Italia, le competenze, il lavoro

L’Italia è ancora una volta maglia nera per la disoccupazione giovanile. Ma il Ministero del Lavoro sta per dare attuazione al DL13/2013, implementando il National Qualifications Framework: per valutare e valorizzare le competenze e per poter diventare, finalmente, un Paese per giovani.
2 Giugno 2015

L’Italia è ancora una volta maglia nera per la disoccupazione giovanile. Lo certificano gli ultimi dati Ocse sui Neet. Eppure qualcosa si muove. Il Ministero del Lavoro sta infatti per dare attuazione al decreto legislativo n.13 del 2013, implementando il National Qualifications Framework. Un sistema operativo ed efficace per valutare e valorizzare le competenze e per poter diventare, finalmente, un Paese per giovani.  

L’Italia non è un Paese per giovani…

Mentre il Giro di Italia è pieno svolgimento e i campioni si sfidano per la maglia rosa, l’Italia si aggiudica l’ennesima maglia nera per la disoccupazione giovanile. 

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Qualche giorno fa l’Ocse, nel suo Rapporto su Giovani e occupazione, ha lanciato il nuovo allarme: il tasso di occupazione tra i 15 e i 29 anni è sceso di quasi 12 punti percentuali durante la crisi e oggi siamo il secondo peggior Paese dietro ad Atene. Ma il problema non è soltanto nei numeri di coloro che cercano lavoro e non lo trovano: è soprattutto in quelli che hanno smesso di cercarlo. Abbiamo, infatti, un boom di Neet, ossia i giovani non occupati né iscritti a scuola o in apprendistato: quasi il 27%. E fra questi il 40% ha abbandonato la scuola prima del diploma, il 50 subito dopo e il 10 ha un titolo di studio universitario. Ma anche fra quelli che un lavoro ce l’hanno, la situazione non è rosea:

Più di un terzo dei giovani occupati non usa competenze sul lavoro, un altro terzo svolge un "lavoro di routine" e il 15 per cento ha un'occupazione che comporta uno scarso apprendimento legato al lavoro. 

Insomma, una situazione che stride con l’economia dinamica, digitale e professionalizzante che tutti sogniamo, con l’Italia del bello e ben fatto, con l’Italia innovativa raccontata a tutto il mondo da Expo. 

E’ una Italia del non dialogo, della “mancata corrispondenza” o del mismatch tra posto di lavoro e competenze: in media, il 62 per cento dei giovani ha un lavoro che non corrisponde alla loro formazione, spesso sono sovra qualificati rispetto alla professione. 

…ma può diventarlo 

Eppure qualcosa si muove. Qualcosa che potrebbe aiutare  cambiare questo scenario. 

Accanto al Jobs Act e a La Buona Scuola - che riformano e modernizzano rispettivamente il mercato del lavoro e il sistema dell’istruzione - il Governo è infatti al lavoro, assieme a Isfol, per costruire un ponte che unisca questi due mondi, tramite i mattoni più resistenti possibili, ossia la certificazione e valorizzazione delle competenze informali e non formali. Per aggredire proprio quel mismatch che l’Ocse segnala come “condizione sfavorevole e debolezza”. 

In attuazione della legge 92/2012 - che ha sancito il diritto al lifelong learning come leva per la crescita economica, la coesione sociale e la qualità dei sistemi di istruzione, formazione e lavoro - e in attuazione del decreto legislativo 13/2013 - che introduce il Repertorio Nazionale delle Qualificazioni - il Ministero del Lavoro, quello dell’Istruzione e le Regioni hanno avviato un processo per costruire un sistema operativo che consenta di dare un glossario comune, un sistema di regole valide per tutti e uno standard elevato e sicuro di certificazione delle competenze

Dai corsi frequentati alle competenze dimostrate

L’obiettivo è di creare un “italian case” nel quale l’enfasi non è sul contesto dove si acquisiscono le skill o sulle metodologie didattiche ma sui learning achievements. In altre parole, una prospettiva che valorizza il lifelong & lifewide learning offrendo un terreno comune all’apprendimento formale e non formale, perché si basa sulle attività oltre che sulle competenze. Che sono dimensioni diverse ma molto correlate: l’attività è, infatti, una categoria trasversale e universale e meno complessa della competenza e permetterà alle persone e alle aziende di adottare un approccio euristico al fine di accrescere il “valore sociale” delle certificazioni di competenze. Le competenze sono la moneta unica europea (e non solo europea) del sapere e del saper fare. Il contesto sin qui delineato necessita di una interfaccia user friendly, semplice, intuitiva, che andrà a privilegiare una logica “wiki”, ossia bottom up e di soft regulation

Descrivere la ricchezza professionale di ciascuno in termini di attività e di processi, e non solo di competenze e abilità, permetterà di valorizzare il “saper fare”: quel mix di conoscenza, competenza e attitudine che viene messo in campo per svolgere un compito specifico.  

Strumenti comuni - la via per il futuro

La parola d’ordine del lavoro è permeabilità: fra vocational education e training system, nonché fra aree geografiche, filiere e settori professionali, per garantire trasparenza e mobilità dei giovani.

Gli obiettivi concreti ruotano attorno al riconoscimento  nazionale di circa 3.000 qualificazioni afferenti oggi ai  sistemi di formazione regionali e locali, tramite regole comuni, l’informatizzazione dei servizi di sostegno e supporto al mercato del lavoro, l’aumento dell’occupabilità dei giovani prevista mediante la progressiva liberalizzazione delle Professioni a seguito dell’attuazione del Piano Nazionale di Riforma delle Professioni in recepimento della   Direttiva europea EC (55) 2013. 

A lungo termine, sostiene l’Isfol, questo consentirà non solo di scalare quella classifica sul matching fra domanda e offerta di lavoro, ma di coordinare fra loro policies di lungo termine, come gli investimenti infrastrutturali nella digitalizzazione e quelli nel capitale umano, con un doppio ritorno in termini di crescita e benessere. 

Insomma, qualcosa si muove. E nonostante la partenza sia stata difficile, il processo in atto sembra avere oggi una buona fase di accelerazione. Forse non basterà per conquistare la maglia rosa prima che il giro d’Italia sia finito, ma si sa che i veri campioni si misurano sulle lunghe distanze e che il vero talento emerge quando le salite sono più ardue. 

POST IN COLLABORAZIONE CON Alessandra Biancolini (ISFOL) e Andrea Simoncini (Ministero del Lavoro)